Dinamitri Jazz Folklore
DIMITRI GRECHI ESPINOZA alto sax
EMANUELE PARRINI violin
BEPPE SCARDINO baritone sax
GABRIO BALDACCI guitar
PEEWEE DURANTE Hammond organ, keyboards
ANDREA MELANI drums
SIMONE PADOVANI percussions
L’obiettivo del Dinamitri Jazz Folklore è quello di esplorare il linguaggio jazzistico - e, in senso lato, afroamericano - dall’interno. Il che presuppone il tentativo di indagare le connessioni tra i vari idiomi percorrendo un cammino a ritroso: da un’espressione moderna segnata dall’impronta di Ornette Coleman ed Eric Dolphy al modale; dalla complessità ritmico-armonica del be bop alle polifonie di New Orleans; dal retaggio del blues urbano e rurale all’Africa. L’Africa, e in particolare la conoscenza dei principi tradizionali della cultura Kongo, ci ha permesso di avviare un processo di approfondimento della funzione di un musicista di jazz oggi; processo avente come obiettivo primario la conoscenza. Nel rituale, l’uso degli elementi che lo compongono sancisce la collaborazione cosciente della comunità al mantenimento dell’ordine cosmico, ordine che è a un tempo espressione concreta e simbolica, nel nostro mondo, dei Principi Universali.
Il mantenimento di tale ordine sul piano psico-fisico, spetta al rito terapeutico che è in grado di dare salute e forza alla comunità stessa quando sia eseguito secondo i principi tradizionali.
Noi abbiamo la consapevolezza che la tradizione jazzistica, come tutti i fenomeni ciclici umani, stia degenerando inesorabilmente in una semplice forma di superstizione (termine che nella sua etimologia designa una cosa che sopravvive a se stessa, anche quando ha ormai perduto la sua vera ragione d’essere). Perciò suoniamo per chi è interessato al contenuto spirituale che ancora oggi il jazz, essendo un “linguaggio”, è in grado di veicolare, e non per chi si interessa all’intrattenimento musicale sotto le spoglie del jazz. Suoniamo il suono/ritmo “Africano” che è un’arte fatta di sensibilità (e comprensione) ai ( dei ) principi che regolano la creazione del nostro Mondo. Suoniamo, infine, con la consapevolezza che il culto dell’individualità è una menzogna, e chiunque alimenti questa illusione, contribuisce alla decadenza sua personale e a quella della comunità alla quale appartiene."
Dimitri Grechi Espinoza Nato a Mosca. Ha partecipato ai corsi di perfezionamento di Siena jazz. E' stato invitato nel 2001 al festival Panafricano di Congo-Brazzaville fondando nel 2002 l'Associazione Culturale Axe per svolgere attività di ricerca nella Musica Terapeutica delle culture tradizionali.Fa parte attualmente del quartetto di Paolo Botti
Emanuele Parrini Nato a Orbetello (Gr), ha frequentato seminari tenuti da: Gianni Basso, Bobby Watson, Tony Scott, Steve Lacy ed ha partecipato ai corsi di perfezionamento di Siena Jazz. Ha suonato e/o registrato fra gli altri con: Tony Scott quartet e Octet, Tiziana Ghiglioni, Tiziano Tononi, Butch Morris Orchestra with Marc Ribot. Italian Instabile Orchestra.
Gabrio Baldacci nato a Livorno, studia jazz al conservatorio di Bologna è leader del Gruppo Formica con il quale vince il Concorso di Cento e di Moncalieri Jazz, collabora attualmente con G. Petrella.
PeeWee Durante Nato a Pisa inizia la sua attività professionale nella Band Nick Becattini & Serious Fun suonando nei più importanti festival di Blues. Frequenta i seminari di Umbria Jazz e We love Jazz di Genova con Shirley Scott. E' attualmente leader del Gruppo Organic GrOOve.
Andrea Melani Nato a Prato studia percussioni a Fiesole. Frequenta i corsi di perfezionamento di Siena Jazz con Roberto Gatto e Ettore Fioravanti; ha fatto parte del gruppo di M.Giammarco e collaborato con altri importanti musicisti Italiani.
Beppe Scardino Nato a Livorno studia jazz al conservatorio di Bologna, dirige il gruppo Orange Room e ha suonato con la Fantomatik orchestra; attualmente fa parte dell’associazione Gallo Rojo e collabora con G.Petrella
Simone Padovani Nato a Livorno, ha frequentato seminari di percussioni con A.Diaz e O. El Negro, suonato con la Fantomatik orchestra. Attualmente collabora con B.Rondelli, Carnegra e G.Petrella.
Nato nel 1999, il gruppo è stato invitato a partecipare a numerosi festival fra i quali: Dimensione Jazz Firenze 2000, Festa Nazionale Tematica dell’ Unità 2001, Barga Jazz 2001, 2002 e 2004, Ah-Um Jazz Festival 2° edizione 2001, Dean Benedetti Jazz Festival 2002, Clusone Jazz Festival 2002, Musicus Concentus 2003, Festa Nazionale della Cultura di Liberazione 2003, Hotel Emilia Concerti sul Prato 2004, Premio Ciampi 2004, Piacenza Jazz Festival 2005, Fabbrica Europa 2006, Terni in Jazz 2006, Nattjazz 2007 Bergen (Norvegia), Crossroads Bologna 2008, Jazzando 2009, Jazz Flirt 2009.
Collaborazioni: Roberto Bellatalla e Filippo Monico, Franco Nesti, Bobo Rondelli, Tony Scott, Goma Parfait Ludovic, William Parker, Sadiq Bey, Teatro Politeama of Cascina, Radio Rai 3.
Contatti: www.myspace.com/dinamitrijazzfolklore
HANNO SCRITTO:
RECENSIONE DA "ALIAS" de "IL MANIFESTO"
"Il collettivo guidato dal sassofonista alto Dimitri Grechi Espinoza si avvale della collaborazione del poeta americano Sadiq Bey, già insieme a Don Byron e Uri Caine. Nella tradizione di Amiri Baraka, Bey interpreta le sue poesie scolpendo e/o dipingendo le parole eppure trattandole come materia sonora, da jazzista tra jazzisti.
Niente di meglio per il Dinamitri Jazz Folklore che attenua appena i suoi solismi per collettivizzare una proposta sonora carica di passione, memoria storica (l'esplosivo "Boogie Stop Shuffle" di Mingus), interpretazione critica del presente. Nel pezzo che dà il titolo all'album si rileggono Ellington e Monk mentre si parla dell'11 settembre; sulle musiche di Espinoza, Bey parla della New Orleans post-Katrina e nasce un drammatico "Concentrazione"
(si ascolti l'assolo di violino di Emanuele Parrini). Cd militante, dai nervi scoperti e dal cuore in tachicardia eppure lucido e critico ("Dim Laden" su cui Sadiq Bey recita "Morning 28"), CONGO EVIDENCE è un vero manifesto per una ganerazione di jazzisti critici che non crede nel revival ma ama le radici black: Espinoza, Parrini, PeeWee Durante Andrea Melani e altri." Luigi Onori
"....e poi ecco i vulcanici Dinamitri Jazz Folklore: freschi, inventivi, capaci di maneggiare con pari disinvoltura (e pari amore), all'interno di uno stesso brano o persino di uno stesso assolo, temi spigolosi, arie russe ( come le origini di Dimitri Grechi Espinoza ), bop (fino alla parafrasi di Charlie Parker), funky, folk, free cosmico, blues (Eric Blues, dedicato a Dolphy ma anche memore di Mingus), ballad,rhythm'n'blues, free funk e persino una Michelle sovrapposta ad altre scale e altri ritmi ( fino adiventare finalmente ricca e densa). E' un concerto da togliere il fiato, dove feeling non è, finalmente, una parola vuota. Tutti si spendono al massimo: la front line è la medesima, strepitosa, del cd "Vita Nova", con il leader al sax contralto, Mirco Mariottini ai clarinetti ed Emanuele Parrini al violino; all'organo c'è Pee Wee Durante, singolare bluesman tra Jimmy Smith e Sun RA, e alla batteria Andrea Melani...."
(Alessandro Achilli, da Musica Jazz gennaio 2002 - recensione dell'Ah-Um Jazz Festival -Milano, Nov 2001)
“Per chi non abbia mai ascoltato questo gruppo il termine ‘folklore’ può essere fuorviante, può far pensare a una rilettura in chiave jazzistica del repertorio popolare nostrano (…) E se è vero che c’è un riferimento costante ad alcune tradizioni specifiche (in particolare quella del blues, del gospel, del klezmer e naturalmente del jazz), riferimento che a volte si concretizza in vere e proprie citazioni, è vero anche che tutto viene assorbito, rielaborato e riproposto in una formula dove il nocciolo della questione sembra più il ‘come’ che non il ‘cosa’….”
(Antonia Tessitore, Allaboutjazz)
“… La fonte di ispirazione del leader è l’Africa, il risultato è una musica ludica, ipnotica, mistica, circolare, che insegue qualcosa di irraggiungibile, ma che non è mai uguale a se stessa…” (Paolo Carradori, Jazzit)
“…Come lascia intendere la sardonica intestazione del gruppo, l’ energia si sposa con una riflessione sulla musica popolare, ma soprattutto sul senso che può assumere oggi il richiamo a un folklore disarticolato dalla globalizzazione…Una band anomala, capace di evocare il soul come il camerismo, le danze dell’ Est come il jazz. In vista però del superamento di ogni genere per descrivere, con spirito dissacrante, la civiltà di oggi.(Claudio Sessa Il Corriere della Sera)
“ (…) Dinamitri Jazz Folklore ha confermato il proprio spessore. Il sassofonista D. G. Espinoza ne sta orientando il percorso a ritroso: da O. Coleman e Dolphy al modale; da tensioni ritmico-armoniche bop alle polifonie di New Orleans; dal blues all’ Africa. Al contralto, con logica spietata e furore dionisiaco, si confronta con i visionari clarinetti di M. Mariottini e le impennate graffianti di E. Parrini, sull’ ampio alveo ritmico-armonico di cui l’ organista Pee Wee Durante rappresenta l’ essenza del blues e il batterista A. Melani la componente swing. Al tenore e al clarinetto , l’ ospite Tony Scott illustra con pillole di saggezza la continuità con la tradizione.(…)”
(E. Boddi, Musica Jazz)
“ (…) Altro notevole appuntamento (Musicus Concentus) è quello con il gruppo Dinamitri Jazz Folklore che, dopo il pregevole Folklore in Black, cresce così tanto da renderlo in qualche modo superato. L’ approccio della formazione è infatti ancor più spregiudicato rispetto agli stessi materiali, mentre la presenza di un maestro come Tony Scott non solo rende più emozionante la serata, ma salda idealmente con forza la sua esperienza di grande indagatore delle musiche del mondo con i giovani discepoli. (…)”
( P. Carradori, Jazzit )
Dal 2002 il gruppo è costantemente segnalato nel referendum della rivista “Musica Jazz” come uno dei migliori gruppi italiani
AKENDENGUE SUITE
DINAMITRI JAZZ FOLKLORE
featuring AMIRI BARAKA
In Africa si tramanda la conoscenza che il mondo è stato creato dal primo Suono, tre volte ripetuto. che questo mondo è nato dal “primo sacrificio”e attraverso il “sacrificio” esso è sostenuto nel suo sviluppo.
La musica che vi proponiamo, sintesi dei nostri ultimi sette anni di lavoro ha richiesto tale sacrificio per essere realizzata.
Quali siano precisamente i confini dell’Africa è difficile dirlo. Le genti e le culture del vasto continente hanno oltrepassato i mari e gli oceani per diverse vie. Quella più nota è l’attraversata verso le Americhe, forzata. L’incontro tra le culture dell’Africa e i nuovi territori viene raccontata ancora oggi con i segni indelebili dell’arte. Come nella musica, nel blues e nel jazz afroamericano. L’origine del jazz dimora proprio in questo non-luogo, trasformatosi in territorio dell’anima per necessità, per sopravvivenza. Schiavitù, sottomissione, razzismo si mescolano per ritrovare l’amaro splendore nelle note blu. Malinconiche e vitali, le note del blues sono una bandiera di protesta e di dignità che si alza e coinvolge gli ultimi della terra nell’immaginario territorio africano.
I Dinamitri Jazz Folklore sono da tempo sulle tracce di questo territorio e nel lavoro di scrittura ed esecuzione musicale svolto in questi anni hanno definito la propria ricerca creando un equilibrio tra le forme di improvvisazione, le radici africane del jazz, i contenuti impegnati dei testi. Album come Folklore in Black e Congo Evidence hanno del resto dimostrato come un’altra musica sia possibile. Sotto questa luce la nuova prova discografica AKENDENGUE SUITE è prima di tutto un inno all’Africa. Al luogo reale e a quello simbolico, che la musica racconta con un linguaggio multiforme, in continuo movimento.
AKENDENGUE SUITE – RECENSIONI CD
AKENDENGUE SUITE feat. AMIRI BARAKAb ed. "Tracce" - Rai Trade RPTJ0012).
Amiri Baraka poet
Dimitri Grechi Espinoza - alto sax
Emanuele Parrini - violin
Beppe Scardino - baritone sax
Pee Wee Durante - hammond organ, Fender Rhodes
Gabrio Baldacci - guitar
Andrea Melani - drums
Simone Padovani - percussion
"Un territorio dove s’incrociano Mingus, l’ArtEnsemble of Chicago, il funky, il ricordo di ribellioni che vorremmo rinnovare. Merito dell’incontro del settetto jazz italiano guidato da Dimitri Grechi Espinoza con la possente poesia orale di Amiri Baraka, già noto come LeRoi Jones".
STE. MI. - L'Unità -
"Forse perchè attratti dal valore simbolico dell'incontro del DJF con Amiri Baraka o affascinati dai connessi aspetti filosofico-rituali, spesso dimentichiamo di evidenziare il valore del collettivo. "Akendengue Suite" ce ne dà l'occasione. Espinoza, oltre che guida spirituale e organizzatore di suoni, è sassofonista che personalizza la lezione ornettiana in un profondo senso del blues che si apre ciclicamente verso una radicalità espressiva. La ritmica composta da PeeWee Durante (Hammond org. e Fender Rhodes), Andrea Melani (dr) e Simone Padovani (perc) garantisce una tensione elastica che nel colore ancestrale del tappeto ritmico assicura l'architettura portante del progetto. Intorno all'alto di Espinoza si muovono dei veri e propri talenti. Emanuele Parrini (vn), Beppe Scardino (bs) e Gabrio Baldacci (el. guit.) offrono ricche personalità all'idea musicale. Gli impasti con la voce di Baraka ci riportano alle esperienze dei The Black Voices, ma non in una logica nostalgica, quanto in una prospettiva che conferma la vitalità della cultura afroamericana".
Paolo Carradori - Il Giornale della Musica -
"Registrata per Radio3 e ora giustamente pubblicata su disco, questa "Akendengue Suite" vede i Dinamitri Jazz Folklore del sassofonista Dimitri Grechi Espinoza (artista che merita certamente più attenzione di quanta ne abbia oggi) a confronto con la poesia di amiri Baraka/LeRoy Jones. Da sempre Grechi Espinoza lavora alla propria musica con un approccio espressivo e spirituale di particolare intensità, strettamente connesso alle culture tradizionali africane e a un'attitudine "politica" nel senso più nobile e interiore del termine. Dedicato alla memoria del "Maestro" Tony Scott, il disco sovrappone alcune liriche di Baraka (dalla raccolta "Wise Why's Y's) alla densità percussiva dell'ensemble, nel quale, oltre al leader, spiccano il baritono di Beppe Scardino, la chitarra di Gabrio Baldacci e il violino di Emanuele Parrini. Jazz caldissimo e estatico, libero pur senza dover mai rompere con la tradizione, a tratti illuminato da scariche elettriche, voce collettiva di voci individuali che insieme trovano ancora più forza, quella del Dinamitri Jazz Folklore è una musica che non rinuncia mai alla ricerca della consapevolezza: detta così potrebbe sembrare solo una dichiarazione di intenti, l'ascoltò svela e commuove per la sua necessità, oggi più che mai (7/8)". Enrico Bettinello - Blow Up –
“Sette anni di lavoro e tre incisioni discografiche conducono il collettivo guidato dal sassofonista Dimitri Grechi Espinoza a questo "Akendengue Suite". Nel precedente disco il gruppo incontrava la voce e la poesia di Sadiq Bey e qui si unisce a una figura storica della cultura afro-americana: Amiri Baraka. Il risultato è magnifico. Le liriche del poeta si appoggiano perfettamente sulle musiche e la sua recitazione è come sempre commovente, una sferzata di vita. Baraka declama quattro poesie tratte dalla raccolta "Wise, Why's, Y's: The Griots Song Djeli Ya" del 1995. Tre episodi hanno per protagoniste le percussioni metalliche, i tre "Kongo Bells", in solitudine o con il violino aspro di Parrini. Il brano più lungo è quello che dà il titolo al disco e contiene come tutto il lavoro un omaggio sentito all'Africa. "When Tony Was In Africa" ne propone un ritratto allucinato mentre "There Really Was An Africa" ha la gioia contagiosa dell'afro-beat. Due composizioni di Grechi Espinoza sono di quelle che restano: il dolcissimo e potente al tempo stesso "Ming Blue" che ha tutta la forza del blues e il cinetico "Baraka" che viaggia arrembante sulle sventagliate dell'Hammond.”
Flavio Massarutto Jazzit
“La capacità della musica afro-americana e dell'improvvisazione di concretizzare l'arcano potere del suono sono resi con straordinaria efficacia in questa eccellente nuova pubblicazione della collana Tracce. Qualcuno riconoscerà inevitabili richiami a Ornette Coleman, all'Art Ensemble, a Charles Mingus e forse addirittura (nel primo pezzo) a Henry Partch. Non è però tutto qui. Gettare un ponte fra il jazz come forma di linguaggio e l'Africa può sembrare risaputo. In realtà in questo caso sembra il risultato di un percorso scavato in profondità più che un obbiettivo prefissato a priori. Elemento caratteristico di questo disco è innanzitutto la presenza di Leroi Jones (A.k.a. Amiri Baraka), una figura che stabilisce una sorta di continuità con Congo Evidence l'altro disco dei Dinamitri Jazz Folklore a cui partecipò il poeta Sadiq Bey. I recitativi, i rimandi alle performance Beat, ma anche i momenti più declamatori di Jones trovano nella corposa massa sonora un perfetto punto d'appoggio che richiama l'Africa non tanto nell'utilizzo strumentale, quanto più nei continui rimandi all'eredità afro-americana. Un po' superficialmente il continente nero si potrebbe intravedere nei 12 ottavi notturni di Ming Blue, nella cristallina percussività di Kongo Bells, o nel funk tentacolare di Akjendengue. In realtà si annida nei costrutti tematici in cui l'improvvisazione è incorporata e non alienata, ma anche in un'architettura musicale che ci riporta alla linearità e al progressivo sviluppo del racconto africano più che alla circolarità tema-solo-tema. Ma forse l'Africa qui sta soprattutto nel valore della musica e dei testi come momento di ritualità sociale, di relazione e di testimonianza che gronda di contenuti secolari: tradizione della musica nera, schiavitù, dicotomie giustizia/ingiustizia e coraggio/paura. La presenza di alcuni dei più fulgidi talenti della nuova scena creativa italiana completano il quadro di un disco prezioso per chi dalla musica cerca qualcosa di diverso”.
Valutazione: 5 stelle
Gigi Sabelli - Allaboutjazz italia -
“Considering that I hadn't heard any of these young Italian players before this disc, I was again pleasantly surprised by this fine offering. The violinist-Mr. Parrini, it turns out, is also a member of the Italian Instabile Orchestra, whose new disc with Anthony Braxton, we also just received. My first question when I saw this disc was, what does the controversial poet, Amiri Braka, have in common with this young Italian septet? It turns out that their leader and composer, Dimitri Espinoza, has studied at length and been influenced by African culture, referencing quotes in the liner notes. Dimitri has done a most impressive job of composing the diverse music throughout this dynamic disc and backing Amiri's words with constant care and creativity. "Kongo Bells" features just percussion and violin along with Baraka's poem "Speech 38" which deals with the black slang that started in the bebop era and evolved through the spiritual/free jazz era. A most effective opening. Beppe's sly bari sax opens "Ming Blue", a swell, bluesy piece with some fine sax and violin harmonies. The band is both tight and laid back at the same time with a most haunting melody that they repeat until we feel satisfied. The title track, "Akendengue" features another righteous poem from Amiri about ghosts and slaves. The music has a most hypnotic marching groove, matching Amiri's strong words just right. The second half of this great piece features some sumptuous, slow-burning rockin' electric guitar and earthy organ. "When Tony Was in Africa" refers to American reeds hero, Tony Scott, whom this disc is dedicated to and it features some strong but restrained bari sax. Throughout this fine disc, both percussionists do a fabulous job of creating textures and varied ethnic rhythms. Amiri Baraka is featured on about half of these pieces, his voice and wordswell selected and so well-matched by the music that accompanies him. Dimitri's music is a constant source of wonder - extremely memorable and spirited from the beginning to the end. This gem is pretty f**king great, especially since most of the names are new to us”.
BLG Dowtown Music Gallery
AKENDENGUE SUITE – RECENSIONI LIVE
Amiri Baraka e Dinamitri Jazz Folklore
Sala Vanni, Firenze, 28 ottobre 2008
“Why don’t you fight?” Perchè non combatti? Perchè non combattete? La domanda la pone Amiri Baraka dal palco della sala Vanni, rivolgendola all’Africa, al mondo, forse anche a sé stesso. Assieme a lui sul palco c’è il Dinamitri Jazz Folklore, dinamico ensemble italiano composto da ottoni, violino, organo, chitarra e percussioni. Tante percussioni, che rappresentano il vero suono dell’Africa, il beat, il battito del cuore, la pulsazione primordiale che ha dato origine a qualsiasi tipo di odierna musica da ballo, dai ritmi fumosi e rallentati della dubstep fino alle esasperazioni a 180 bpm (battiti per minuto,appunto) della drum’n’bass. Sulle animate trame sonore del Dinamitri, Amiri Baraka recita stralci di poesia tratte dal suo libro “Wise why’s” (saggi perché) utilizzando la sua voce come un ulteriore strumento tramite onomatopeismi, dilatazione delle lettere, improvvisi cambi di accento. “La musica – annuncia Baraka – è la sola anima che Dio possa avere”. Il concerto del Dinamitri, quasi un’ora e mezzo, si è concluso con due omaggi a figure storiche della musica nera: uno per Duke Ellington ed uno (Colonial Mentality) a Fela Kuti, un selvaggio afro-beat che ha conquistato tutto il pubblico della gremitissima sala Vanni. Uno show che ha proposto quindi, oltre al virtuosismo degli interpreti, un solido messaggio sociale, un canto degli schiavi che si alza dai campi di cotone per rimbombare forte nelle orecchie di chi non vuol sentire. Un canto multiforme che attraversa tutte le fasi della musica nera, dall’holler allo spiritual, dal blues al jazz per portare fuori dal continente africano un messaggio di pace e solidarietà. Da ricordare infine come una parte del ricavato sia stato destinato ad un progetto per la scolarizzazione nel Senegal grazie all’associazione Manico ed al Cospe. Free jazz quindi? No. Jazz di liberazione.
Davide Agazzi
www.ilpopolodelblues.com
AMIRI BARAKA
Nato nel 1934, a Newark, New Jersey, USA.
Autore di più di 40 libri di saggi, poesia, teatro, storia della musica e critica, Baraka è un poeta icona e attivista politico rivoluzionario che ha recitato poesia e fatto lezioni su temi politici e culturali in tutti gli Stati Uniti, Caraibi, Africa ed Europa.
Con un’influenza sul suo lavoro che varia da matrici musicali quali Ornette Coleman, John Coltrane, Thelonious Monk e Sun Ra fino alla Rivoluzione Cubana, Malcom X e i movimenti rivoluzionari mondiali, Baraka è noto come fondatore del Black Art Movement ad Harlem negli anni ’60 che divenne l’impronta virtuale per la nuova estetica della scena Americana.
Il suo libro d’esordio, Preface to a Twenty-Volume Suicide Note (Prefazione a una nota suicida in venti volumi) è del 1961. Il suo lavoro pubblicato e rappresentato, come ad esempio l'ormai mitico studio del 1963 sulla musica afro-americana, Blues People (Il popolo del blues, Shake Edizioni) e il dramma Dutchman and the Slave (1963), hanno praticamente costituito “il corollario culturale del nazionalismo nero” e dell’ambiente rivoluzionario americano.
Nel 1965, a seguito dell’assassinio di Malcom X, diede una svolta radicale alla sua vita, rompendo il primo matrimonio e trasferendosi ad Harlem dove fondò il Black Arts repertory Theatre. Nel 1967 sposò la poetessa afroamericana Sylvia Robinson (Amina Baraka) e nel 1968 divenne musulmano e prese il nome Amiri Baraka mettendosi a capo della sua organizzazione musulmana Kawaida come imamu (leader spirituale), un titolo che abbandonò negli anni Settanta avvicinandosi alla filosofia marxista.
Tra i titoli pubblicati in seguito Selected Poetry of Amiri Baraka/LeRoi Jones (1979), The Music (1987), un’affascinante raccolta di poesie e monografie su jazz e blues di cui sono autori Baraka e sua moglie Amina, anch’essa poeta, e The Essence of Reparations (2003).
The Essence of Reparations è la prima raccolta di saggi pubblicata in forma di libro che esplora in modo radicale quello che rappresenterà una svolta nel movimento dei Neri nel ventunesimo secolo, per quanto riguarda temi quali razzismo, oppressione nazionale, colonialismo, neo-colonialismo, autodeterminazione, e liberazione nazionale ed umana, dei quali egli si è a lungo occupato in maniera sia creativa che critica. È stato detto che Baraka è impegnato nella lotta per la giustizia sociale come nessun altro scrittore in America.
Ha insegnato a Yale, Columbia, e alla State University di New York a Stony Brook.
Baraka vive a Newark con sua moglie Amina, hanno cinque figli e insieme dirigono il word-music ensemble, “Blue Ark: The Word Ship” e co-dirigono “Kimako’s Blues People”, l’“artspace” ospitato nel loro teatro da circa quindici anni. I suoi premi ed onorificenze includono un Obie, l’American Academy of Arts & Letters Award, il James Weldon Johnson Medal per il suo contributo alle arti, Rockefeller Foundation and National Endowment for the Arts grants, Professor Emeritus alla State University di New York a Stony Brook, e Poet Laureate del New Jersey.
DISCOGRAFIA
CONGO EVIDENCE Avec Sadiq Bey
D. G. Espinoza (as); E. Parrini (vn); M. Mariottini ( cl, b cl); P. Durante (org. Hamm); A. Melani (dr); B.Scardino (bs); G.Baldacci (eguitar); S.Padovani (percussions); M.Rubegni (tp).
Ed. Caligola 2076 (2007)
TOP JAZZ 2007 referendum giornalisti indetto dalla rivista MUSICA JAZZ – segnalato nella categoria Disco dell’ anno
"Il collettivo guidato dal sassofonista alto Dimitri Grechi Espinoza si avvale della collaborazione del poeta americano Sadiq Bey, già insieme a Don Byron e Uri Caine. Nella tradizione di Amiri Baraka, Bey interpreta le sue poesie scolpendo e/o dipingendo le parole eppure trattandole come materia sonora, da jazzista tra jazzisti. Niente di meglio per il Dinamitri Jazz Folklore che attenua appena i suoi solismi per collettivizzare una proposta sonora carica di passione, memoria storica (l'esplosivo "Boogie Stop Shuffle" di Mingus), interpretazione critica del presente. Nel pezzo che dà il titolo all'album si rileggono Ellington e Monk mentre si parla dell'11 settembre; sulle musiche di Espinoza, Bey parla della New Orleans post-Katrina e nasce un drammatico "Concentrazione" (si ascolti l'assolo di violino di Emanuele Parrini). Cd militante, dai nervi scoperti e dal cuore in tachicardia eppure lucido e critico ("Dim Laden" su cui Sadiq Bey recita "Morning 28"), CONGO EVIDENCE è un vero manifesto per una generazione di jazzisti critici che non crede nel revival ma ama le radici black: Espinoza, Parrini, PeeWee Durante Andrea Melani e altri." Luigi Onori - da "ALIAS" de "IL MANIFESTO" sab 28 luglio 2007
“Il secondo disco del Dinamitri Jazz Folklore, un nonetto ben affiatato, ospita in 3 degli 8 brani (tempo totale 43 minuti e 26 secondi) il poeta e rapper afroamericano Sadiq Bey, che ha scritto i testi dell'Otello di Uri Caine, andato in scena in anteprima mondiale alla Biennale Musica di Venezia nel 2003. 5 degli 8 brani sono composti dal leader Dimitri Grechi Espinoza, sassofonista contralto, uno dal tastierista Peewee Durante, mentre gli altri due sono "Congo Evidence" di Duke Ellington e Thelonious Monk e Boogie Stop Shuffle di Charlie Mingus. L' intenzione del gruppo è infatti quella di esplorare il linguaggio jazzistico dal suo interno, in un viaggio a ritroso: dalla modernità di Ornette Coleman ed Eric Dolphy, al jazz modale del primo John Coltrane; dalla complessità ritmico – armonica del bebop, alle polifonie dello stile New Orleans; dal retaggio del blues rurale all'Africa. In questo caso il gruppo si sofferma sulla scrittura mingusiana, riproponendo con molto rispetto il veloce ed aggressivo 4/4, mentre unisce in una medley, arricchita dal testo recitato di Sadiq Bey, due grandi figure del passato creando, grazie anche a suoni molto bassi dei tamburi, percossi con le bacchette con la punta di feltro, un'atmosfera misteriosa, quasi a riprendere una celebre composizione del "genius of modern music".
Altrettanto interessanti i pezzi originali, a cominciare da quelli in cui spicca la voce di Bey: Concentrazione, un semplice giro di chitarra ripetuto ad libitum, sottolineato da un tempo ostinatamente e ordinatamente mantenuto dalla batteria, arricchita da interventi discreti degli altri strumenti – violino, fiati, percussioni – e riscaldata dal suono dell'Hammond e Dim Laden, una veloce melodia arabeggiante risolta in un funky moderato che fa da base ad una recitazione, crescente per intensità.
Her Short Way'n è invece, ipotizziamo, un sentito omaggio del leader alla scrittura di Wayne Shorter – il titolo è quasi un anagramma del nome – che accenna ad alcuni temi del sassofonista americano in una struttura simile ai brani dello splendido periodo Blue Note. Una ossessiva bossanova funkeggiante, inserisce invece O, brano ad ampio respiro, che risulta il più lungo del disco. Da sottolineare come i molti e diversi strumenti riescano a coesistere in un preciso equilibrio. Merito, riteniamo, della direzione del leader e della capacità di ognuno degli altri musicisti, che avviciniamo in un comune elogio: Emanuele Parrini al violino; Andrea Melani alla batteria; Simone Padovani alle percussioni; Gabrio Baldacci alla chitarra elettrica; Mirco Mariottini ai clarinetti; Beppe Scardino al sax baritono e Mirco Rubegni alla tromba. Last, but not least, Peewee Durante, che inserisce gradevolmente in quasi tutti i brani il suono dell' Hammond ed è anche autore dell'ultima traccia, Pee Wee's Dream, oniricamente ossessiva e densa di suoni liquidi. Come si può notare, nel nonetto manca il basso (elettrico od acustico), ma non se ne avverte l'assenza, anche perchè la tastiera o la chitarra ne svolgono a volte il ruolo con un semplice pedale”. Giovanni Greto per Jazzitalia
“Nuovo disco per il Dinamitri Jazz Folklore dell'esplosivo sassofonista e compositore Dimitri Grechi Espinoza, caratterizzato ancora una volta dalla fusione di stili e suggestioni anche molto lontane tra loro, ma perfettamente amalgamate nella cornice del jazz. Uso a collaborare con vocalist e in passato (ad esempio nel precedente lavoro Folklore in Black) accompagnato da poeti livornesi (Aldo Galeazzi) e griot africani (Goma Parfait Ludovic), stavolta Espinoza ospita la voce affermata di Sadiq Bey, già collaboratore tra gli altri di Uri Caine. Bey si inserisce nella formazione con assoluta naturalezza (come ancor meglio si è potuto apprezzare nei concerti dal vivo), facendo girare la musica attorno alle sue liriche e guidando il gruppo in un'esplorazione meditata di una delle sue molte anime - quella riflessiva e politica. Nel farlo, però, il Dinamitri non rinuncia a mostrare anche altre sue anime: quella volta al recupero (non celebrativo) della tradizione (si parte infatti con rimontaggi di Ellington, Monk e Mingus); quella scenico-ironica (più visibile sul palco, ma percepibile qui dai cambi di atmosfera e dai frequenti interventi vocali di gruppo e dal tempo spesso tenuto battendo le mani); quella mistico-ipnotica ("Concentrazione"); quella rock elettrica ("Rhytmic Chance", "Pee Wee Dreams"); e, last but not least, quella africana ("O", con il violino di Parrini che imita la kora). Ne vien così fuori un disco come sempre originalmente caratterizzato, vario e mai "di maniera", che segna la continua crescita di un musicista e di un progetto, quello del Dinamitri Jazz Folklore, che certo meriterebbe più attenzione di quella che ha”. Valutazione: 4 stelle Neri Pollastri – Allaboutjazz
FOLKLORE IN BLACK Avec Tony Scott
D. G. Espinoza (as); E. Parrini (vn); M. Mariottini ( cl, b cl); P. Durante (org. Hamm); A. Melani (dr); T. Scott ( cl, ts); Goma P. Ludovic ( perc).
Ed. Caligola 2043-2 (2003)
TOP JAZZ 2003 referendum giornalisti indetto dalla rivista MUSICA JAZZ – segnalato nella categoria Disco dell’ anno
“… Un avanzato gruppo per un notevole disco, Folklore in Black, testè pubblicato dall’ attivissima cooperativa veneziana Caligola. … Il gruppo è quello - vivace, disinibito, decisamente interessante – denominato Dinamitri Jazz Folklore, creatura di Dimitri Grechi Espinoza, sassofonista italiano nato a Mosca e poi arrivato qui con un bagaglio di idee e di energia. E, il glorioso Tony Scott, che ha voluto far parte del gruppo in tre dei nove brani del disco, deve essersi un po’ riconosciuto in lui e nella sua ricerca di un jazz aperto a vari linguaggi ed echi: la musica curda, o la zingara, ovviamente la russa, ma con molto pepe sopra. Così, oltre al piacere di ritrovare in ottime condizioni Tony Scott, si ha quello di assaporare in questo secondo disco del vulcanico Espinoza un aspetto importante del nostro jazz, data la varietà delle forme espressive che trasmette e l’ attenzione costante all’arrangiamento, al collettivo…” ( Gian Mario Maletto, Agenda – Il sole-24 Ore )
“ Dopo l’ ottimo esordio di Vita Nova nel 2001, il quintetto toscano conferma di possedere una visione lucida e una cifra stilistica autonoma, costruite scavando nell’ humus della tradiz ione afroamericana. (…) Permane nell’ identità del gruppo l’ interesse per culture altre, ma si sono accentuati il pregnante senso del blues e il suo legame con il DNA africano. E. Boddi Musica Jazz
“Irresistibile. Che i brani si tingano di straniato bebop, di arie da danza curde, di blues, che rimandino all'Africa o agli tzigani, che flirtino con il modernariato sonoro dell'hammond il risultato è sempre incredibilmente compiuto. L'ensemble guidato dall'altosax e compositore Dimitri Grechi Espinoza riesce a trovare un equilibro alchemico tra le radici sonore ed il presente, tra sciabolate nell'immaginario musicale odierno e corposi riferimenti al passato. «Noi sosteniamo - scrivono i musicisti - che ci sono sempre nuove strade da percorrere... In questo cd, con i piedi ben saldi nella tradizione afroamericana, il cuore aperto e la testa proiettata verso ciò che ancora non esiste ma aspetta di essere realizzato, sappiamo di essere giunti alla sorgente della musica jazz». Parole vere ed il viaggio è agevolato dal clarinetto e dalla sapienza di Tony Scott, un pioniere del bebop.” (Luigi Onori, Alias, Il Manifesto)
AH UM JAZZ FESTIVAL 2° edizione 2oo1
COMPILATION - DINAMITRI JAZZ FOLKLORE E’ PRESENTE CON IL BRANO “MIGUEL”
D.G. Espinoza (as); E. Parrini (vn); M. Mariottini ( cl, b cl); P. Durante (org. Hamm); A. Melani (dr);
Ed. CJam (2002)
Per chi non abbia mai ascoltato questo gruppo il termine "folklore" può essere fuorviante, può far pensare a una rilettura in chiave jazzistica del repertorio popolare nostrano, genere per altro molto in voga tra i jazzisti italiani. E se è vero che c'è un riferimento costante ad alcune tradizioni specifiche (in particolare quella del blues, del gospel, del klezmer e naturalmente del jazz), riferimento che a volte si concretizza in vere e proprie citazioni, è vero anche che tutto viene assorbito, rielaborato e riproposto in una formula dove il nocciolo della questione sembra più il "come" che non il "cosa", e dove il termine "folklore" assume un significato più ampio di forma espressiva estremamente aperta e comunicativa A.Tessitore
VITA NOVA
D. G. Espinoza (as); M. Mariottini ( cl, b cl) E. Parrini (vn); R. Bellatalla (cb); F. Monico (dr).
Ed. Philology W 148.2 (2000)
TOP JAZZ 2000 referendum giornalisti indetto dalla rivista MUSICA JAZZ - segnalato nella categoria Disco dell’ anno
“ E’ singolare come (…) tutta la letteratura jazzistica di riferimento sia capillarmente sassofonistica ( Ornette, soprattutto, ma anche Parker, o meglio il modo di reinventarlo e attualizzarlo…), mentre poi gli strumenti che più caratterizzano il suono d’insieme sono senza dubbio violino e clarinetti. “ (Alberto Bazzurro, Musica Jazz)
“…Questo quintetto è una meraviglia lirica che lotta corpo a corpo attraverso questa miscela di stili e scale, portando il jazz- completo della sua eredità swingante- verso aree situate in territori gioiosi e sconosciuti…” (Thom Jurek, All Music Guide)
CD JAZZ MAGAZINE VOL.18 (2004) allegato alla rivista JAZZ MAGAZINE
“Eric Blues” da Folklore in Black