Renanera - Terra da cammenà
T.S.A. Total Sounding Area, 2020
Ammetto candidamente di amare la musica che contiene una matrice folk, popolare, sia per quanto concerne dei testi ricchi di storie e significati differenti, sia per le musiche suggestive, coinvolgenti, calde e profonde che li caratterizzano.
Spesso gli artisti che scelgono questa strada musicale, decidono al contempo di comunicarci la propria arte e il proprio messaggio attingendo a piene mani ai dialetti locali e regionali, a mio avviso un valore aggiunto, considerato l’immenso patrimonio artistico che contraddistingue la nostra Penisola nella sua interezza.
E sono poi le commistioni stesse che avvengono tra parole espresse in dialetto e l’italiano (e altre lingue), a dare vita a qualcosa di particolarmente evocativo e originale; medesimo incanto che si ottiene quando a sonorità classiche, tradizionali e per lo più acustiche, si mescolano sagacemente quelle dal tocco più moderno, contemporaneo, il più delle volte affidandosi alle molteplici possibilità date dalle tastiere e dai computer, esplorando i quali si può scoperchiare un mondo fatto di suoni, rimandi, ritmi e vibrazioni.
Autentici maestri a fondere antico e moderno, cultura e ricerca, tradizione e contemporaneità, sono i Renanera, duo che affonda le proprie radici in Basilicata, Terra eletta dove operano, sperimentano e coltivano la loro passione Unaderosa (alias Concetta De Rosa) e Antonio Deodati.
Sono loro la forza motrice del gruppo, il cuore da cui partono idee e ambizioni, dove il progetto si fa vivido e pulsante, affinato da una sinergia tanto vincente quanto naturale (i due sono una coppia anche nella vita) che fa sì che ogni singolo pezzo di questo mosaico chiamato “Terra da cammenà” sia assolutamente autentico e “sentito”.
La voglia di raccontare i luoghi, i miti, le leggende, i desideri e la quotidianità della Lucania è sempre stata presente nella loro vicenda artistica ma si è, in questa ultima fatica realizzata ormai più di un anno fa, rinnovata e rinsaldata.
Il risultato è stato poi tradotto in diciotto emozionanti episodi, che si fanno apprezzare presi anche singolarmente, ma che vanno considerati meglio nell’insieme, perchè tutti concorrono in egual misura a renderci mirabilmente il senso di quello che, senza timore di smentita, possiamo definire un vero concept-album.
La Basilicata traspare infatti in tutta la sua bellezza e fiera dignità, tra personaggi ed eventi che meritano di essere ricordati e tramandati, luoghi dell’anima e luoghi fisici a testimoniarne l’unicità, consapevolezze e contraddizioni, credenze a cui aggrapparsi e altre da rifuggire, la ragione che impone di rimanere ancorati alla terra e l’amore che permette invece di sognare e sospirare.
Tanti sono i temi, innumerevoli gli spunti, che per condensarli nel migliore dei modi non “bastava” la forma canzone – che pure è innalzata spesso e volentieri su livelli d’eccellenza -, cosicché i Renanera hanno voluto regalarci qualcosa di più, e “Terra da cammenà” è diventato alla fine un lavoro assai ricco e completo, la cui narrazione è corredata da un album-libro (di ben 104 pagine) fatto di immagini, con le splendide foto di Francesco La Centra e di Federico Cataldi, anche regista della docu-fiction “Voci di una terra: Basilicata” (andato in onda su Rai Storia), e di parole, ad opera principalmente di Unaderosa, che possiamo definire la vera anima del gruppo, autrice di tutti i testi, oltre dei prologhi delle canzoni.
Il book è impreziosito inoltre dalla prefazione di Antonio G. D’Errico, un’introduzione di Pierpaolo Grezzi, la postfazione di Yvette Merchand e da un interessantissimo Alfabeto dei Dialetti Lucani (A.D.L., elaborato dalla professoressa Patrizia Del Puente, ricercatrice del dipartimento di Dialettologia dell’Università della Basilicata), molto utile perchè le canzoni sono tutte scritte e interpretate come detto in dialetto.
Uno sforzo immane, quindi, reso possibile da “Brigante Editori”, con sede a Lagonegro (PZ), che e pure il luogo di nascita di Antonio Deodati, il quale oltre ad averne curato la produzione con la moglie, si è occupato degli arrangiamenti, a mio avviso uno dei punti di forza dell’intero lavoro.
questo è il link al libro sfogliabile http://www.renanera.it/album_terradacammena.html
Venendo agli aspetti prettamente musicali, è evidente come ad emergere sia un apparato world davvero ispirato e multiforme, che risulta essere adattissimo, con i suoi caleidoscopici inserti elettronici, a rivestire brani cui pensa poi l’evocativa ed espressiva voce di Unaderosa a conferire di volta in volta solennità, mistero e fascino.
Musica elettronica ma non solo, se è vero che Deodati e gli altri musicisti intervenuti a collaborare (il già citato Pierpaolo Grezzi, Alberto Oriolo, Massimo Catalano, Gaetano Stigliano, Pierangelo Camodeca, Roberto Tempone, Federico Celano e Roberto Palladino) sono stati impegnati a suonare anche chitarre, mandolino, violino, flauto, fisarmonica, percussioni, oltre che vari tipici strumenti etnici.
Ne deriva, insomma, un connubio intrigante di mondi musicali diversi, legati però in maniera indissolubile fra loro a plasmare un mood cangiante ma invero rappresentativo in toto dell’animo dei suoi autori.
La title-track ha il compito di accompagnarci in questo lungo viaggio caratterizzato da diciotto tappe, ed è paradigmatica dell’essenza della Basilicata, terra che può solo essere “camminata” – magari in modo lento e circospetto – per farsi infine trovare; più vivace la successiva “Croce e corna”, dove vengono cantate le tante sfaccettature delle credenze meridionali, mentre con “Arriva arriva” ci imbattiamo nel primo piccolo capolavoro del disco, in un brano ispirato a un’antica preghiera a San Biagio.
“Diceme sì” è un’altra canzone che non può lasciare indifferenti, col suo carico di pathos dato dal Coro Vjeshi i Shën Paljit: l’amore che si canta in tutte le lingue del mondo, in questo caso l’antica lingua Arbëreshë, retaggio culturale dell’insediamento albanese di cinque secoli prima.
L’amore rimane protagonista assoluto anche nella struggente “Senza filtri nè magia”, ballata intrisa di misticismo, e sfocia in un emblematico pezzo identitario come “‘A voce e sti briganti”, forte di un ritornello ficcante e carico di significati: “Simmë diavëlë e ssimmë santë, simme a vosë ‘e tuttë quantë, Simmë diavëlë e ssimmë santë, simme a vosë ‘e sti bbrigante, Simmë diavëlë e ssimmë santë, simme a vose ‘e tuttë quantë , Simmë diavëlë e ssimmë santë, peccatore comma’a ttantë”.
“Masciara masciarella” è una storia che, trattando di magia, affonda quindi le sue radici nell’anima più profonda del sud, che resiste e arriva ai giorni nostri; stessa valenza etno-culturale la possiamo attribuire ad altri felici episodi, quali l’onirica ballata “Tu sì tu”, la spirituale “Nera”, dedicata alla Madonna di Viggiano, in cui spicca il canto intenso e appassionato di Unaderosa, e la placida “Acqua cheta”.
Altrove invece riaffiorano sentimenti come il rispetto e l’orgoglio, per la propria storia e per la gente che ha contribuito a scriverla, come nel caso dell’incalzante “Eran’ nove”, introdotta dal canto di Rosmy, di “L’eroe di Melfi” o di “Stupore d’o munn’”, sincera ed emozionante ode a Federico II di Svezia, Re di Sicilia e Imperatore del Sacro Romano Impero.
Colpiscono infine altri passaggi cardini dell’opera, dove i Renanera, sempre ricorrendo a musiche suggestive e sognanti e a un canto ammaliante in grado di suggellare magiche atmosfere, ci guidano, portandoci per mano, attraverso luoghi simbolo (e dell’anima) dell’amata terra lucana: da “Ponte alla luna” alla delicata “Se parti tu”, dove echeggiano i famosi Sassi di Matera, fino alla conclusiva e frenetica “Ballano i calanchi”, che segna il nostro punto d’arrivo.
E’ stato bello ragazzi avventurarsi con voi, perdersi e ritrovarsi, attraverso canzoni simili, che nobilitano il concetto stesso di questa Arte, perchè sanno non solo intrattenere e far sognare, ma anche stimolare la curiosità e la sete di conoscenza, e, cosa ancora più importante, perpetrare la memoria, intessendola nel presente. Perchè alla fine, ciò che siamo ora, i valori che ci portiamo dietro, hanno radici lontane che non devono mai essere recise.