AKERCOCKE - Antichrist

Postato in Il Pozzo dei Dannati

Scritto da: franz

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Earache/Self, 2007

 

Tornano i controversi Akercocke con un album veramente spaccaossa e tritabudelle, che sta avendo problemi di censura in mezzo mondo a causa del titolo e della cover abbastanza provocatori. "Antichrist" è il quinto lavoro che porta il tipico marchio di fabbrica del quartetto albionico, che esce a distanza di un paio d'anni, da quel capolavoro dal titolo "Words that go Unspoken, Deeds that go Undone". Rispetto alle precedenti release, il sound proposto da Jason Mendonca e soci, si fa ancora più brutale, ma allo stesso tempo sperimentale, con la produzione, non certo pulitissima, a rendere "Antichrist", ancor più selvaggio e malato. Il sound dei nostri prosegue comunque il cammino evolutivo, intrapreso dalla band già ai tempi di "Choronzon", continuando quindi a miscelare in modo assai originale, elementi black, death e industriali, con un tocco progressive (parecchi gli intermezzi acustici, che rievocano gli Opeth), atmosfere emozionali e parti schizoidi (che mi hanno inevitabilmente ricordato, il sound dei nostrani Ephel Duath, loro compagni di scuderia tra l'altro). Senza passare in rassegna song by song, vi posso dire che questo disco è davvero buono: riffs death/black si rincorrono per l'intera durata del cd, con le vocals di Jason che si alternano tra momenti in cui assomiglia più ad uno scarico di lavandino (tanto sono incomprensibili i growling), feroci screaming black e interludi in cui la ugola di Mr. Mendonca si avvicina a un ipotetico mix tra il vecchio cantante degli Ephel Duath (quello dalle clean vocals di "The Painter's Palette") e il vocalist degli Opeth. Le sonorità del combo inglese sono assai varie: si passa da brani in cui è il brutal death a farla da padrone ("Summon the Antichrist") ad altri pezzi in cui emergono inaspettate influenze gothic/industriali, con parecchi frangenti acustici ("My Apterous Angel"), dove compaiono addirittura flauti e altri samples dal vago sapore orientale (fantastica "The Promise"). Decisamente in questo nuovo disco, i nostri hanno voluto sperimentare ulteriormente, mantenendo però intatto quel feeling oscuro e maligno che da sempre contraddistingue la band britannica. L'unica nota un po' stonata, è il drumming, forse troppo caotico e martellante, però bazzecole di fronte a questo nuovo entusiasmante lavoro degli Akercoke.

 Voto: 80