Alfonso Moscato - La malcarne
(autoprodotto, 2015)
Il cantautore siciliano, già leader degli interessanti Cordepazze, con questo disco solista ha voluto condurre l’ascoltatore nelle penombre di una società sempre più atta a discriminare e a soggiogare l’individuo più debole e respinto. Sulle orme nobili di Fabrizio De Andrè, cui il nostro non solo è debitore da un punto di vista dell’ispirazione e della proposta teorico-musicale, ma è stato associato esplicitamente, avendo vinto col suo gruppo primigenio il Premio intitolato al grande autore genovese nel 2007, Moscato infatti dedica ogni pezzo a persone che dalla propria vita non hanno più nulla da chiedere. Le Pulle, scelto come singolo apripista di lancio, parla delle ragazze nigeriane ingannate e rivendute come schiave costrette a prostituirsi. E’ un “anti-singolo”, non possedendo certo quell’appeal radiofonico, visto appunto il tema ostico e una interpretazione lenta, quasi funerea. Un pensionato abbandonato è invece protagonista della toccante I Paesi svuotati, mentre il tema della violenza come forma ultima di comunicazione emerge in tutta la sua disperazione in brani come Amore criminale e soprattutto Verrà l’arcangelo Michele, un vero pugno nello stomaco, parole taglienti che fanno male. I ritmi si distendono nella vivace Malaluna, musicalmente efficace con il cantato in dialetto e i suoni folk cari alla terra siciliana, tentativo riuscito anche nella più riflessiva e malinconica UCarzaratu, corredato da un video contenente un bel collage di immagini della Sicilia del noto fotografo Alex Astegiano. Un lavoro certamente profondo per tematiche e sfondo sociale ma anche monocorde (o monotono, se vogliamo conferire l’accezione negativa) a livello di sonorità, tutte acustiche e claustrofobiche.
Recensione co-pubblicata nella rubrica “In pillole” sul sito di Troublezine.it