KAFKA ON THE SHORE - Beautiful but empty

Postato in Yasta la Vista

Scritto da: Manellone

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La Fabbrica, 2013

VOTO 85
 
Premo play senza nessuna aspettativa, continuo a fare le mie cose ma dopo pochi secondi mi si aprono gli occhi e soprattutto le orecchie. Guardo la copertina, leggo il titolo.. Kafka on the Shore.. ok ragazzi, qui si parte bene … e si continua bene, e si finisce bene… e…
Questo è proprio un bel prodotto, fresco come un cocktail di frutta a bordo piscina o come una birra ghiacciata in un pomeriggio di luglio (di questi tempi ad agosto piove).
I ragazzi hanno personalità e ne sono convinti, come quando uno è bravo, sa di esserlo, ma con umiltà e ironia riesce a risultare un simpatico monello.
“Beautiful but Empty” è un prodotto internazionale con la “P” maiuscola, non solo per il Meltin Pot dei componenti del gruppo (ci dicono pianista siculomilanese, cantante americano, batterista tedesco, chitarrista di Nashville con madre austriaca). Così ci raccontano i KotS, anche se  la verità non è così importante quando i ragazzi ci dimostrano quello che sanno fare.
Per avere un idea di quanto non si prendano sul serio andate qui per vedere come hanno finanziato il loro videoclip. http://www.musicraiser.com/projects/431-paga-il-riscatto-per-vedere-il-nostro-1-videoclip.
Torniamo alla musica. Il disco gira e funziona dalla prima traccia all’ultima. “Berlin” può essere già un ipotetico e grandissimo singolo con quella ritmica sbarazzina in levare e il piano in "primo piano”. Il ritmo è ancora sostenuto con “Moon Palace”, inizio a “la Gualazzi” che va tanto di moda adesso.. finale urlato. Si rallenta con “Bob Dylan”, un pezzo su cui i Kafka puntano molto.
“Bacco” ci spiazza con un inizio di clarinetto settecentesco e una marcetta furba furba che sostiene il brano. Altro grande pezzo è “Lost In the Woods” dove si ammicca nuovamente al grande singolone (alla Kasabian direi). L’ambient di “Venus” rallenta i ritmi e ospita la voce sospirata di Chiara dei 2Pigeon. Si prosegue con "Airport Landscape", con l’organetto trascinante di “Lyly Allen in Green” e con la voce urlata di “Campbell’s”.
Il finale è lasciato ad un pezzo diviso in due parti. “Walt Disney” ci sorprende con un Tom Waits che si prende in giro e sfocia in un funky per chiudersi nella seconda parte con un pezzo decisamente più introspettivo.
Finisco soddisfatto il disco e sapete che vi dico? Che ora me lo riascolto ancora!! Consigliatissimi.