Marcello Capra - Fili del Tempo
Electromantic Music/Ma.Ra.Cash, 2011
“Fili del Tempo” è il nuovo album, il nono, di Marcello Capra.
L’INTERVISTA (Synpress 44)
Ciao Marcello, il tuo nuovo album, il nono nella tua lunga carriera, si chiama Fili del tempo. Qual è il motivo di questo titolo?
Un titolo deve condensare un concetto, una creazione, una suggestione, un pensiero, una fantasia, una riflessione, uno stato dell’anima… Francesca Grispello non poteva immaginare che mi aveva involontariamente (ma questo è il bello…) suggerito questo titolo, che mi mancava a suggello del lavoro che stavo preparando, una serie di composizioni legate da “fili” di memorie antiche e nuove immaginazioni.
L’elemento più importante del disco sono le collaborazioni. Tu hai sempre avuto una dimensione “solitaria” nei tuoi lavori ma, come accadde ai tempi del primo lp Aria mediterranea, anche per questo nuovo album ti sei confrontato con altri musicisti. In questo caso si tratta di due colonne portanti del rock italiano. Come mai questa scelta?
La dimensione solitaria già dall’album precedente cominciava a intravedere scelte di collaborazioni “mirate”, con la partecipazione in Aura di una vocalist. In seguito sono nate idee per dare una maggiore espansione al contenuto di alcuni brani, espansione creativa, timbrica, melodica e di arrangiamenti: per questo mi sono rivolto a due persone che, per la loro grande esperienza e il background simile al mio, potessero dare un’impronta significativa alle musiche che avevo in testa e non sarei mai riuscito ad eseguire con il canto e le tastiere… ho scelto proprio Silvana Aliotta e Beppe Crovella.
In questo album si ha la sensazione che ci sia un ampio spazio di improvvisazione, anche nelle scelte vocali di Silvana. È stato proprio così?
Ho detto a Silvana: “ti faccio sentire questa armonia… fammi quello che solo tu sai fare, lasciati “influenzare” dal clima che ti propongo, lasciati andare, non ci sono problemi di “tempo” o di produzione ficcanaso, sei libera in uno spazio sonoro che ti consente di modulare ed interpretare la tua magnifica voce”… Sapevo che avrebbe recepito ma non solo, lei è coautrice del brano di introduzione Dreaming of Tinder.
In Fili del tempo non mancano rifacimenti di tuoi vecchi brani come Irio e Danzarella: che elemento di novità pensi di aver apportato questa volta?
Irio è qualcosa di più di un rifacimento, Beppe ha saputo creare un tema molto particolare prima dell’improvvisazione di Silvana, un inciso cantato che ricorda gli anni ‘70, le commedie satiriche di costume dei film di Salce o Scola, poi una lunga galoppata samba, con sapori notturni…. Danzarella invece è rimasta inalterata rispetto alla versione del mio disco omonimo del 1998, una particolare tarantella moderna che risente l’influenza del grande Raffaele Viviani, che ad “orecchio” eseguiva le sue musiche di teatro-strada…
La grande protagonista del tuo disco è la nuovissima chitarra Great Owl, che ha una storia speciale, ce la racconti?
Un amore a prima vista, o meglio al primo tocco… L’estate scorsa mi proposero di suonare uno strumento che era esposto in una mostra di liuteria: senza conoscermi Maurizio Cuzzolin, liutaio di Oderzo, mi diede quella sua “creatura” con il legno già stagionato, numero 001 di una serie dal nome Great Owl. Anche io non lo conoscevo ma quando cominciai a suonarla mi diede una sensazione talmente piacevole, un suono che mi apparteneva e che inconsciamente avevo già immaginato. Devo dire che di chitarre, oltre a quelle che possiedo, ne ho provate molte, ma per svariati motivi non avevo più trovato nulla di soddisfacente dal 1976, l’anno che acquistai la Ovation Legend.
Come sempre le tue influenze sono estremamente ampie: l’Argentina e il Brasile, l’Oriente. Che cosa ti affascina di paesi lontani dalla tua Torino?
Un po’ come Salgari, credo di avere molta immaginazione: mi basta una foto, un quadro per “viaggiare”, in musica poi non ci sono barriere spaziotemporali, quei luoghi mi affascinano, inoltre artisti come Shankar, Piazzolla, Gismonti e altri meno noti sono fonte di ispirazione, cosa c’e’ di meglio che lasciarsi cullare da suoni ed armonie lontane? Torino e’ un luogo che mi lascia lavorare in pace, non chiedo di meglio.
I’m so glad omaggia Skip James e i Cream, il medley dei Procession è un tributo ai tuoi esordi musicali con la leggendaria progressive band: per quale motivo questa scelta?
I’m so glad è stata anche il mio primo provino in uno studio professionale nel ’69: allora suonavo con i Flash e quel pezzo era il nostro biglietto da visita, era facile da suonare e lasciava molto all’improvvisazione. Ora, dopo 42 anni, si sono verificate le stesse condizioni, ma con una grande vocalist e un hammond evocativo, questo è veramente un lungo “filo” infinito. Frontiera dei Procession è stato il mio primo album, arrivato dopo mesi di prove fatte con grandissimo entusiasmo, eravamo giovani ma già preparati musicalmente. I 5 brani riproposti in sintesi nel medley sono un omaggio a quei ragazzi che suonavano con passione, in un paese dove vivere di musica senza compromessi è ancora utopia.
Un altro brano speciale del disco è Un sogno lucido, dedicato ai tuoi nonni: ci racconti questo aneddoto?
I miei nonni erano cantanti di lirica, oltre le opere decisero di formare un duo artistico musicale, cominciarono a viaggiare in tutta Europa nei caffè concerto o teatri, portavano con loro la mia mamma allora bimba, che vestivano da bambola e durante tutta la durata del recital restava in scena, seduta sul pianoforte a coda. La loro musica fu assorbita e trasmessa nel mio sangue, non solo, il nonno mi lasciò una piccola chitarra che utilizzò quando ormai era anziano in pensione, con quello strumento ho iniziato a strimpellare per gioco, inoltre possiedo ancora adesso un accordatore a fischietto, che ti consente di emettere tutte le note della scala e i semitoni, un oggetto unico degli anni ‘30, che ho fatto fotografare per il retro copertina del CD e si trova anche sul dischetto. Un lunga storia, vissuta con momenti tragici come la seconda guerra mondiale, che interruppe un grande sogno, ma dopo riprese a volare…
La copertina e l’art-work del disco mostrano curiosi oggetti: di cosa si tratta?
Un sole latino-americano in omaggio a Irio e Astor e due piattini tibetani in omaggio al Tibet, invaso e derubato , ma resistente e non scalfito nella sua grande spiritualità.
Marcello Capra:
http://www.marcellocapra.com