VASIL HADŽIMANOV BAND - Lines in the Sand

Postato in Yasta la Vista

Scritto da: cspigenova

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VASIL HADŽIMANOV BAND Lines in the Sand(Moonjune, 2019)

 

 

 

Con Vasil Hadžimanov non è mai la solita fusion. In tutti questi anni ho avuto modo di ripercorre la sua carriera ed ogni lavoro che ho ascoltato non mi ha mai deluso. Ma chi è Vasil Hadžimanov? Intanto è un pianista serbo di nobili natali, visto che il padre Zafir è stato una stella del pop-folk macedone e la madre Senka Veletanlić una cantante croata. La passione per il il jazz lo ha portato a formarsi negli States conseguendo il prestigioso diploma presso il Berklee College of Music di Boston. Oltre ad avere collaborato con diversi artisti (David Gilmore, Nigel Kennedy, Antonio Sanchez, etc.), da più di 15 anni è a capo della Vasil Hadžimanov Band, ensemble fusion che vanta 7 dischi all’attivo e numerose partecipazioni a festival jazz internazionali. Anni fa, per la testata “Mentelocale” recensii l’ottimo Alive (peccato non sia più online, ma avrò modo di recuperarla tra i miei appunti, ergo di ripubblicarla qui) ed ebbi occasione di sentire il musicista con il chitarrista Dušan Jevtović in No Answer e in Live at Home.

La produzione di Hadžimanov e del suo ensemble si caratterizza per una sintesi tra una fusion di alta scuola ed elementi tratti dalla musica popolare balcanica, una sorta di ethno-jazz di livello sopraffino: ne scorgiamo subito le tracce nell’opener Line in the Sand, dove una melodia vocale orientaleggiante (un campione di una cantante iraniana) trova un partner ideale nel piano elettrico del musicista; il tempo ostinato in 7/4, che dà il La a San snova, ha origini ritmiche sicuramente collocabili nell’area slavo-mediterranea; la chitarra arabeggiante di Waiting for… apre all’introduzione ed evoluzioni quasi turchesche (con tanto di cordofoni campionati) di Freedom from the Past. Ma lo spazio espressivo (ed espositivo) della band non si pone limiti, così, nel corso del viaggio musicale innescato dal play del nostro lettore, si toccano irti promontori funk (Mr. Moonjune , impreziosita dal coinvolgente solo di sax Rastko Obradović), lidi canterburiani (penso al tema vocale di Lost, cantato da Marta Hadžimanov, figlia di Vasil), praterie elettroniche (Kaži), pianure lounge (Maklik), episodi soul (For Clara, una song alla Isaac Hayes, interpretata magicamente da Dean Bowman, una delle voci più accreditate della black music) e delicatezze soft blues (Rege Hadži). In taluni casi si riscontrano affinità con alcune peculiari entità degli anni Settanta, come gli Arti & Mestieri (Kažig Gradiška), gli Area (lo sviluppo di Freedom from the Past) e i brasiliani Azymuth (Ratnici Podzemlja).

Scorrevole e di sicuro appeal, Lines in Sand è un album che avvicina l’estimatore di fusion ad altri territori musicali, senza, però, sovvertire l’imprescindibile base jazz; al tempo stesso, anche il progster di vecchia data può prendersi una pausa e sostare per un po’ tra i solchi di quest’opera che, di sicuro, troverà piacevole, se non addirittura divertente, per richiami a suggestioni familiari.

 

(Riccardo Storti)