Franco Battiato - Fetus (1971)

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Scritto da: Alberto Calorosi

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franco battiato fetusLabel: Bla bla

Issued: 1971

 

 

 

 

 

 

Al di là dell'esordio cardiaco, i cui illustri discepoli rispondono al nome di Ian Sventrapapere Anderson (A passion play) e Roger Sventramaroni Waters (The dark side of the moon), il massimalismo synth ELP-iano, poi ripreso anche in Meccanica e, in forma estremamente più liquida, in Una cellula, introduce e al contempo nega gli intenti progressive dell'intero album. Si alternano architetture krautrock (Energia), avant (la chiusura di Meccanica, intrecciando l'Aria sulla quarta corda di Bach – la stessa della sigla di Quark – e voci registrate dallo spazio profondo conferisce una sensazione squisitamente Kubrickiana; la conclusione 8-bit di Anafase, senz'altro cara, quarant'anni più tardi, a super-nerdoni del calibro di Amplifier) e horror-prog (le dissonanze Goblin-iane in apertura di Meccanica), ma anche e soprattutto il progressive-folk (lo osserverete far capolino in Anafase, per esempio, o in Una cellula, ma soprattutto in Energia) ingenuamente, forse inconsapevolmente anticipatore degli allora inimmaginabili fasti tecnopop iniziottanta. Aromaticamente dadaista l'equazione (sarebbe la descrizione analitica di un'elica) enunciata nell'irresistibile ritornello di Fenomenologia. Spregiudicata, forse arrogante opera prima, eppure altrettanto accessibile e, a tratti, irresistibile. Trascurabili invece i numerosi riferimenti letterari a Huxley. Un album modulare, fervido di idee che faticosamente (e, ammettiamolo, incompiutamente) si compongono in canzoni, indubitabilmente miliare nella storia della musica italiana XX secolo. La coeva versione in inglese (Foetus) sarà pubblicata soltanto nel 1999 col duplice scopo di permettere finalmente all'ascoltatore di fare i conti con la disastrosa pronuncia anglo-catanese di F-B e, al contempo, di farsi una sonora risata.

 

Sì però avrei fretta: Fenomenologia / Meccanica