Los Campesinos! - Sick scenes (2017)
Label: Wichita
Issued: 2017
La poetica sbrozaiol-esistenzial-hooligana (Al Renato Dall'Ara, nel 1990 l'Inghilterra acciuffò i quarti di finale di Italia '90 al 119-esimo aggrappandosi al ciuffo di David Paltt e, due anni più tardi, pigliò un goal al primo minuto nientemeno che da San Marino: si tratterebbe, secondo Gareth medesimo, di una vivace metafora della natura ondulatoria e beffarda del destino) diventa, complice l'inevitabile contingenza anagrafica dei bandmembers, una frizzante disamina sul ruolo della band medesima all'interno di un contesto musicale fortemente e inevitabilente (e fortunatamente) mutato. Non è così per i suoni, assertivi e conservativi: coretti ooo/ooo britpop alla, uh, the Vines (Renato Dall'Ara 2008) (Nessun match, semplicemente l'anno di esplosione/implosione della beatiufl/doomed supernova Campesinos), batteria punk (Sad suppers), chitarre fuzz, vocina stridula da insetticida e (The fall of home) quello stupido xilofono tedesco chiamato glockenspiel presente in ogni fottutissima sedicente indie-ballad che abbia inquinato l'etere mondiale dal novantadue a oggi compreso. Quello che può succedervi, se vi capitasse di appartenere alla band più modaiola del pianeta, è di ritrovarvi, improvvisamente e senza neanche capire il perché, nella band più fuorimodaiola del pianeta. Non crucciatevi. Bene così. Ascolto distratto e passate oltre.
Sì però avrei fretta: A slow, slow death / Hung empty